Altamura: MARCO ERBA PRESENTA “IL MALE CHE HAI DENTRO”





foto marco erba e giornalista

Ad Altamura nei giorni scorsi Marco Erba ha presentato il suo nuovo romanzo dialogando con Michele Denora, un evento in collaborazione con la Feltrinelli Librerie.

Come è nata l’idea di questo romanzo?

-Intanto grazie dell’invito, mi piace incontrare e raccontare le mie storie alle persone, come è nato? Io sono innanzitutto un’insegnante, il male che hai dentro non è la biografia di nessuno, parla di incontri fatti sui banchi di scuola, parla di una ragazza, lo studente più difficile che abbia mai avuto. Chi leggerà il romanzo scoprirà che Rita è una persona solo all’apparenza forte, ma conoscendola si capirà che è una persona altamente insicura. È una ragazza che aveva due facce, era fastidiosa e casinista, oppure dormiva sul banco. Lei prendeva di mira un ragazzo con disabilità, e io da papà da insegnante, mi chiedevo da dove venisse questa cattivare, questa voglia di spaccare il mondo. A me dava pesantemente fastidio, quella sua perenne espressione che mostrava il suo disinteresse verso l’interlocutore.  Un giorno entro in classe, e inizio a leggere l’Eneide, e non serve che ve ne parli, un poema bellissimo, a me piace più dei poemi onirici, ogni fine è un inizio. Dopo che finisco la lettura dell’Eneide, faccio una verifica in classe, al posto delle solite domande a quiz, chiedo come l’Eneide ha parlato nella tua vita, nel mentre tutta la classe era in panico, la giovane Elisa consegna per prima e con la cicca in bocca chiede “Posso andate in bagno?”.

Il giorno dopo, leggo la sua verifica, e sta scritto “l’Eneide è il mio libro preferito “, “Enea lo conosco di persona” e la terza frase, quella che mi ha fatto smettere di leggere il tema “Enea è mia madre”. Smetto di leggere, ma penso alla frase di don Claudio, “chi ti provoca  è ferito”. Leggo la quarta frase, “Mio padre è un alcolizzato!”; quindi, riformulo il tema e capisco che l’Eneide l’ha capito meglio di me, visto che il suo tema era la descrizione della sua vita, 10 e chiudo il compito-.

Come vivi il dialogo tra le due generazioni? E che consigli vuoi dare ai ragazzi di oggi?

-Io non sono uno psicologo, sono un professore di lettere, e mi sento di dirvi due cose, dal lato dell’adulto dedica tempo e dimostrati interessato veramente, e dal lato del ragazzo parla e racconta cosa hai dentro. Quindi per l’adulto prima di criticare, prova ad ascoltare cosa ha veramente dentro il ragazzo. Un giorno stavo leggendo Petrarca il dialogo con sant’Agostino, e Valerio, mai intervenuto in classe, alza la mano e dice che nessuno si attiva a fare uno sforzo, nessuno fa le cose perché deve, se desideri la volontà si attiva, e se desideri davvero si infrange la fatica. E all’intervallo viene e racconta che lui è un cantante, poi mi manda le canzoni via mail e capisco che mi sono posto all’ascolto di lui e ho trovato una meraviglia.  E capisco che la provocazione è un grido, un messaggio che descrive un disagio, il genitore che si arrabbia, non è un pazzo fallito, ma un genitore che nella sua infanzia non si è sentito capito. La terza cosa che mi sento di dire, secondo me, l’azione più cattiva che puoi fare è rompere la logica della giustizia sulla bilancia. Un giorno il mio prof. di lettere, quando la combinavo grossa, mi toccava le spalle e mi girava dicendo che cosa c’è e mi diceva fuori tre ore, quel prof era un mito. All’epoca studiavo in una scuola di santi, e don Bosco diceva che in ogni ragazzo c’è una scintilla di bene. Nel mentre stavo fuori, passava il preside, alla quarta volta, mette le mani in tasca esce le chiavi e mi dice: -Visto che tra poco è l’intervallo tira fuori i palloni, poi raccoglili tutti-. A quell’epoca l’uomo dei palloni deteneva il potere assoluto, e quell’evento mi cambio la vita, visto che mi disse con esplicite parole “Io mi fido di te so che puoi farlo”.

Pensi che ognuno di noi abbia quel bene e quella bontà anche se a volte si fa fatica a far emergere?

-Certo, prima di Natale ho avuto la possibilità di passare una settimana in un carcere, e ho ascoltato 15 detenuti, e lì si ha la risposta… Luca, cresciuto in un quartiere devastante, difficilissimo, tatuato e con titolo di studio di quinta elementare.  Giacomo si siede davanti a me ed è in prigione per violenza aggravata, chiude la porta, e afferma che lui è una persona buona, la prima frase che mi dice e io col mio schermo dei pregiudizi. Comincia a parlarmi della sua vita, e scopro che ha problemi di linguaggio, e io che ho quattro figli, tra cui quelli in affido che ha pure lui problemi a parlare, mi ci rivedo nella sua storia, inoltre lui subiva violenze e sopraffazione delle persone, fino a quando non ha spaccato la faccia a uno e capì che chi picchia più forte ottiene il rispetto. A un certo punto della sua vita scopre la “sostanza”, dopo una serie di eventi finisce in carcere, esce si disintossica, torna a casa e scopre che sua figlia si era fidanzata con il boss della zona. Lui sa che è un tossico e lui sa che cosa è la droga. Alla cena di Natale scende prende la pistola e spara al boss, dopo che si erano appartati per chiarire, e che sul suo corpo si è acceso una sigaretta e gliel’ha spenta in faccia. Alla fine della chiacchierata si spoglia, lui qua dentro ha deluso la persona più sincera del mondo e questa persona è morta, si gira e sulla schiena ha la faccia tatuata del suo papà. Appena lo scopre mi metto a piangere e capisco, mi sento di dire che lui è una persona buona. Mi sento dire che, se racconti storie, le storie genereranno empatia e consapevolezza. Con Luca mi sono sentito libero e non avevo paura di espormi-.

Quando hai capito che la tua vita aveva la vocazione educativa?

-Mah si, io ho avuto la fortuna di incontrare delle persone che mi volevano bene, quando Francesco mi è stato affidato, mi è stata data una poesia che si che si chiamava “il bambino affidato”.

Alle medie divento l’idiota che ho raccontato di essere, un giorno mi sparisce il libro di scienze e mia madre mi fa la ramanzina, tre giorni dopo scopro che me l’aveva tolto mio nonno, e mi dice: “Tu non sai se non hai letto tutto, contiene una meraviglia, sai che questo libro parla dell’astronomia?” Ed era tutto gasato da ciò che raccontava il libro sull’astronomia, poi scuote la testa, e mi dice: “Ti auguro di capire che studiare non è solo un obbligo, ma un’occasione di capire quanto sia bello il mondo”.

Il 28 maggio 2012, al tramonto, mio nonno moribondo, ha un attimo di lucidità, e mi dice in risposta alla domanda “Come stai?”, mi stringe la mano e mi fa: “Sto benissimo perché c’è un tramonto meraviglioso”, alzo gli occhi e vedo un tramonto, tutto luce, uno di quelli di maggio.

Il giorno dopo muore, e lo porto nel cuore, perché lui è morto dicendo grazie per ciò che ho avuto e non per ciò che non ho più-.

La vocazione all’insegnamento sta nella trasmissione a raccontare la meraviglia della vita.

La redazione di Passalaparola.net ringrazia il prof. Marco Erba.

Giuseppe Massaro

 

 

 

 

 

 

   

 

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