“Città vivibile Città invivibile” : Rendere una città vivibile parte da un cambio dei percorsi emotivi e relazionali





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Spesso di vivibilità si parla solo in campagna elettorale , tra slogan e promesse, il cambiamento passa attraverso le persone. Ognuno deve cambiare prima se stesso…le città sono la nostra casa più estesa, non quella parte che non appartiene a nessuno.
L’arredo urbano è espressione di identità, come l’arredo delle nostre case. Se abbiamo piazze e viabilità, cura degli spazi verdi, proprio come il mantenimento e della pulizia degli spazi, di sicuro ne riceviamo benessere psicologico.
Ognuno tragga le proprie conseguenze o deduzioni. Cambiare chi amministra è necessario, forse previene anche ambienti socio-relazionali tossici, ma dobbiamo cambiare prima noi stessi.
Perché le nostre case sono belle e poi basta uscire dalla porta e gli spazi comuni non ci appartengono?
La metafora dell’appartenenza viene prima di ogni altro luogo comune. Come possiamo pensare di fare bene se non sentiamo di “appartenere”?
Case belle luoghi comuni in degrado.
Quando visitiamo una città ci rimane impressa la dimensione della cura, dell’ordine e dei cittadini che ne ricevono e contribuiscono al benessere.
Molto bella la metafora del presidente regionale delle ACLI Vincenzo Purgatorio le strade e la viabilità sono il contenuto delle connessioni relazionali, delle persone del centro e della periferia, dei sevizi insomma.
Direi le strade sono le nostre connessioni, non il semplice asfalto; il verde e i fiori riflettono l’ educazione alla bellezza e alla natura.
Le aggregazioni non sono luoghi bui, ma luoghi piacevoli, che danno benessere, non inquinati, ma salubri. Andare a fare attività fisica in una città inquinata è un attentato a tutti.
Se è vero che l’urbanistica è una scienza, allora deve donare con la psicologia …deve dialogare con i bisogni relazionali.
Lo stress non è astratto, si alimenta nel disordine, nelle file disordinate, nella maleducazione e nella aggressività dei cittadini. Non voglio fare riferimento ad episodi delittuosi di cui già ho ampiamente discettato.
La sicurezza è un valore educativo, prima che repressivo, il controllo viene dopo la ristrutturazione dei nostri valori di riferimento.
Se cambiamo senza cambiare noi stessi, siamo nel paradosso del cambiare senza cambiare nulla, contenuto e mandato che nessuno psicoterapeuta prenderebbe.
Tutti contro tutti, la politica dovrebbe attivare il confronto non la definizione degli spazi di potere, spesso narcisistici.
Insomma non è il solito richiamo agli esempi, ma chi si candida tende a dare esempi e per questo siano responsabili.
Che non sia questa la stessa cosa per un Sindaco?

Saverio Costantino Psicologo Psicoterapeuta

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