Molfetta: Articolo “25 Aprile” scritto da Angelo Bellifemmine





IMG-20240422-WA0035
Giovedì 25 aprile, in occasione del 79° anniversario della “Festa della Liberazione” della nostra Patria dall’occupante nazista, l’associazione “Eredi della Storia”, ANMIG, unitamente alle associazioni combattentistiche e d’arma parteciperanno alla cerimonia commemorativa istituzionale promossa dal comune di Molfetta. Il corteo si muoverà alle ore 10 e 45 partendo da piazza Municipio e culminerà con la cerimonia dell’Alzabandiera e la deposizione di una corona d’alloro presso il Monumento ai Caduti sito nella villa comunale alle ore 11,10. Al termine delle manifestazioni istituzionali seguiranno delle visite guidate presso i siti museali delle associazioni,  con punto di ritrovo in piazza Mazzini ed in via san Pietro. I nostri consulenti illustreranno episodi, fatti ed aneddoti accaduti in quel travagliato periodo storico.
Nel settembre del ’43 la situazione politica italiana è confusa, complicata, manca una classe dirigente con una visione, una via d’uscita da una guerra che fino a quel momento si era rivelata tragicamente fallimentare per il nostro Paese.
Mussolini è agli arresti, il maresciallo Badoglio, che all’indomani del 25 luglio ’43 ha ricevuto l’incarico di formare un nuovo governo da parte di Vittorio Emanuele III, ha dichiarato che la guerra sarebbe continuata a fianco della Germania, in realtà sin da subito aveva intrapreso iniziative  per arrivare ad un  armistizio “onorevole” con le forze alleate.
Infatti l’armistizio viene firmato il 3 settembre a Cassibile in Sicilia, anche se l’ufficialità dello stesso sarà data il giorno 8 settembre.
Ed è da quel momento che in Italia salta tutta la catena di comando: il re con Badoglio raggiunse Brindisi, dove provò a riallacciare le fila di un Paese che sprofondava nel caos più totale. Le ripercussioni le subiranno tutti gli italiani, ma soprattutto i nostri militari, letteralmente abbandonati ad un destino infausto. Basti pensare ad un episodio su tutti, la strage di Cefalonia, dove i nazisti sterminarono l’intera divisione “Acqui” che aveva deciso di non deporre le armi tenendo alto l’onore della nostra Patria.
È in questi drammatici giorni che il popolo italiano assume piena consapevolezza di quanta sofferenza e quanti lutti ha procurato il ventennio fascista. L’orgoglio di un popolo che rivendica la libertà che per troppo tempo gli è stata negata. Ed è dal Sud che parte quel moto di ribellione verso l’occupazione tedesca, che culminerà il 25 aprile del 45 con la cacciata dal suolo patrio dell’occupante e spietato oppressore straniero e con la liberazione da una dittatura ventennale.
La prima città a ribellarsi fu Matera, seguita da Napoli, che con le sue eroiche quattro giornate, dal 27 al 30 settembre del 43,fu la  prima grande città europea a liberarsi con le sue sole forze. E protagonista della liberazione fu il suo popolo, le sue donne, i pochi uomini rimasti, di cui molti anziani, e soprattutto molti giovani ed adolescenti, alcuni pagarono con la propria vita ,rendendosi protagonisti di atti eroici come il dodicenne Gennaro Capuozzo ed i diciassettenni  Pasquale Formisano e Filippo Illuminato ,come l’operaia Lenuccia Maddalena Cerasuolo. Le donne di Napoli grandi protagoniste della cacciata dell’occupante tedesco. E poi a seguire tante altre realtà cittadine, Nola, Lanciano,
Barletta, Teramo, Ascoli.
Ed è il sud che si fa esempio per quella che poi diverrà la Resistenza nelle regione del nord, e che durerà venti mesi, a partire dal Piemonte per estendersi in tutte le altre regioni settentrionali, ed ebbe il suo epilogo a Milano il 25 aprile del 45. Impresso nella memoria collettiva del nostro popolo rimarrà il gesto eroico degli oltre 600.000 militari italiani internati i cosiddetti IMI, che si rifiutarono di servire Hitler, molti pagando con la propria vita questo gesto di libertà.
In quei mesi nella società civile regnava il caos, le nostre donne, le famiglie non avevano più notizie dei propri congiunti impegnati in operazioni di guerra, con ricadute pesantissime sui vari aspetti della quotidianità.
Anche nella nostra città bisognava andare avanti, sopravvivere, riuscire a mettere insieme un pasto per i figli e gli anziani rimasti. In questo le donne svolsero un ruolo fondamentale, ritrovatesi da sole, si ingegnarono al fine di dare una vita al limite della dignità a coloro che erano rimasti: in quel periodo mancava tutto, la miseria era generalizzata, la popolazione allo stremo.
Si ricorse al baratto come strumento di scambio per ottenere un po’ di cibo, questo perché con la tessera  in uso in quel periodo gli alimenti che venivano forniti non erano mai sufficienti.
Anche il riciclare era divenuto un metodo essenziale, di sopravvivenza.
Questa era la situazione, il modo di vivere all’arrivo delle truppe di liberazione ,tutti che si “arrangiavano”, tutti che provavano sopravvivere.
Questa è la testimonianza del professor Giuseppe Mezzina: “Attaccandomi alle sensazioni da me vissute all’epoca, ricordo che si viveva in un clima di ansia e di attesa di notizie; la radio non dava nessuna informazione, e, ci si collegava a radio Londra quando dopo indicazioni contrastanti, si ebbe la certezza che stavano per entrare a Molfetta le truppe di occupazione.
Io e mio padre andammo in piazza Santa Teresa, e non ho mai saputo perché le truppe alleate entrarono a Molfetta venendo da Bisceglie, dirette verso Bari. Rimanemmo annichiliti osservando la marea di mezzi che attraversarono per giorni la nostra città, e soprattutto cosa portassero con loro. La folla raccoglieva tutto quello che le truppe buttavano al loro indirizzo: farina, caffè, salsicce, coperte ed ogni altro ben di Dio”.
Tutto questo portò ad una inaspettata abbondanza, dopo tanta miseria patita poterono riempirsi le dispense delle case dei nostri concittadini.
Le truppe alleate di passaggio ad un certo punto divennero stanziali occupando i posti ed i luoghi strategici a loro necessari.
Nella nostra città furono occupati il porto, la villa comunale, il campo sportivo “Paolo Poli”,  l’istituto Apicella, la scuola elementare Cesare Battisti, il liceo classico, palazzo Cappelluti, palazzo De Lago, palazzo De Dato, villa Poli, palazzo Samarelli, insomma il meglio che la nostra città offriva. Nelle campagne in prossimità della città vi erano numerosi depositi di munizioni a cielo aperto.
Gli alleati, i liberatori iniziarono a familiarizzare con la popolazione locale e spesso organizzavano all’interno degli istituti Apicella e Cesare Battisti serate danzanti. Le soldatesse al seguito delle truppe alleate provvedevano ad invitare signorine del posto, non erano molte che aderivano a questo invito.
Alcuni soldati alleati tentavano l’approccio, dobbiamo ricordarci il clima di miseria e fame che vigeva in quel periodo, e purtroppo alcune ragazze rimasero vittime di violenza.
Riportiamo, di seguito, la testimonianza del generale medico Adamo Mastrorilli:” il circolo ufficiali UNUCI sito in via Dante fu requisito dagli alleati ed adibito come posto di polizia militare ed era presidiato da due militari inglesi ed un civile jugoslavo con funzione di interprete.
In poco tempo essi diventarono letteralmente i padroni della città. Gestivano le requisizioni del case, terreni ed altri luoghi di interesse strategico, senza tenere nessun conto delle esigenze e necessità di coloro che si venivano privati di un bene essenziale, spesso di sopravvivenza. Questa sede fu anche trasformata in camere di tortura morali e fisiche. Ci fu un episodio di pestaggio ai danni di un gruppo di operai molfettesi che lavoravano nei cantieri navali per conto degli inglesi, essi furono portati al pronto soccorso dai carabinieri allertati dal vicinato che avevano ascoltato le grida di aiuto.
La direzione dell’ospedale immediatamente denunciò l’accaduto ed i due militari inglesi furono allontanati da Molfetta. Qualcuno riuscì a salvarsi grazie all’intercessione della domestica della famiglia Peruzzi, la signora Rita, che era riuscita a creare rapporti amichevoli con i due poliziotti inglesi e spesso riusciva a dissuaderlo dal compiere gesti inconsulti “.
Di seguito riportiamo la testimonianza di una ragazza molfettese vittima di violenza da parte delle forze di liberazione.
Durante le ore di coprifuoco c’era una camionetta che girava per la città, una sera una ragazza di nome Lucrezia, che lavorava come domestica presso palazzo De Dato, fu inviata da un militare inglese presso il bar YMCA, sito al corso Umberto, che si trovava al fianco del teatro “La Fenice” di Alfredo Spadavecchia, requisito anch’esso dalle forze alleate, ed adibito a punto di ristoro ad uso esclusivo dei militari inglesi. La ragazza, ingenuamente, accettò l’invito ed a fine serata subì violenza. Lucrezia venne abbandonata in una strada di campagna e nessuno pagò per questa vile violenza. Lucrezia dopo questo tragico evento si ritrovò sola e marchiata a vita vivendo una vita infelice.
Poi nel 2002 ,con molto coraggio, raccontò la sua triste vicenda ai ricercatori dell’associazione
“Eredi della  Storia”.
I festeggiamenti per l’avvenuta liberazione si conclusero a Molfetta il giorno 7 maggio ’45,il giorno prima della resa della Germania nazista.  Alle ore 19 era mentre era in corso di svolgimento un comizio in piazza Minuto Pesce, fu lanciata una bomba, da una vile mano assassina, che provocò la morte di due bambine, Giacomina ed Antonia de Bari, ed il ferimento di altre persone.
Finalmente dopo 77 anni una strada è stata intitolata alle due sorelline a ricordo perenne di quella strage rimasta ancora oggi senza colpevoli.
Tra i nostri concittadini che hanno combattuto per la liberazione della nostra Patria ricordiamo Mauro Manente fucilato dai nazisti a Santa Giustina in Colle.
Tiberio Pansini, fucilato dai fascisti il 27 aprile del ’45.
Il capitano Manfredi Azzarita  trucidato dai nazisti presso le Fosse Ardeatine.
Di seguito i nomi dei partigiani molfettesi sopravvissuti che contribuirono alla liberazione dell’Italia il 25 aprile ’45 :
Abbattiscianni Giovanni
Abbattista Giuseppe
Allegretti Graziano
Barattoli Paolo
Camporeale Sergio
Coppolecchia Paolo
De Palma Mauro
Fedele  Giovanni
Gadaleta Antonio
Lobasso Salvatore
Malcangi Domenico
Marino Mauro
Mastromauro Giovanni
Mezzina Domenico (nome di battaglia Figaro) che operò nella brigata Garibaldi nell’Astigiano.
Minervino Corrado
Modugno Gaspare
Orvieto Pasquale
Pascoli Pasquale
Petroli Pasquale (partecipò alla battaglia di Montecassino ed alla liberazione di Parma)
Piscitelli Angelo
Racanati Cosimo
Salvemini Giuseppe
Samarelli Mauro
Squeo Paolo
Sasso Amleto
Tonfi Antonio
Visentini Giovanni.
Quello che colpisce l’animo e la coscienza è che noi esseri umani, il cosiddetto “Homo sapiens”, non abbiamo imparato nulla dal passato, e mai come in questo momento rischiamo di sprofondare in un baratro da cui non si vede via d’uscita.
Rischiamo di essere noi stessi la causa della nostra distruzione, estinzione attraverso gli strumenti di morte che abbiamo inventato.
Quanto ci manca, in momenti così drammatici, il pensiero ,la parola, l’azione di don Tonino Bello “Apostolo della Pace”.
Pace, una piccola parola, ma con il valore più alto ,il significato più importante per l’intera umanità, un’umanità che sembra aver smarrito la retta via.

Commenti

Commenti


Condividi