Altamura: Incontro con Marta De Santis ricercatrice presso l’Istituto Superiore di Sanità,

In occasione della presentazione del libro “Erlupo Mario e Cappuccetto Rosso”, tenutasi recentemente presso la Sala Consiliare di Altamura, organizzata dal presidente dell’Associazione A.ma.ram, Vincenzo Pallotta – che ringraziamo per il gentile invito – abbiamo avuto il piacere di incontrare e intervistare la dottoressa Marta De Santis, ricercatrice presso l’Istituto Superiore di Sanità, l’organo tecnico-scientifico che si occupa della tutela e della promozione della salute degli italiani.
La dottoressa De Santis fa parte del Centro Nazionale Malattie Rare, attivo dal 2008, un punto di riferimento fondamentale per la ricerca, la formazione e l’informazione su un tema tanto complesso quanto delicato: quello delle malattie rare. Con grande passione e competenza, porta in tutta Italia la sua esperienza e il suo impegno nel diffondere conoscenze scientifiche e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione, della diagnosi precoce e del sostegno ai pazienti e alle loro famiglie.
L’intervista che segue è un’occasione per conoscere più da vicino il suo lavoro, la missione del Centro e le sfide che ancora oggi il mondo delle malattie rare si trova ad affrontare.
-Quali sono i motivi che l’hanno spinta a perseguire questa strada?
Penso che questo sia un lavoro fatto necessariamente con passione, ho iniziato ormai più di 21 anni fa con un progetto della provincia di Roma, io venivo da un percorso più umanistico di studi, che voleva lanciare per l’appunto uno sportello al cittadino perché solo allora si iniziava a parlare delle problematiche legate alle malattie rare, e da lì mi sono appassionata. Ho conosciuto tante persone, e tento di allargare gli orizzonti cercando di arrivare alle scuole ai ragazzi, alle persone che in realtà non conoscono questo mondo, o pensano di non conoscerlo perché poi scopriamo di avere un membro della nostra famiglia colpito da una malattia rara, e noi vogliamo far conoscere le potenzialità della persona, perché di solito viene vista solo la malattia.
-Da cosa e da chi hai tratto l’ispirazione per scrivere il libro la malattia di Filottète?
Quel libro è stato tratto da una persona, ancora si parlava poco delle malattie e delle storie tratte da quelle malattie rare, al tempo lavoravo ancora per la provincia di Roma, all’interno del libro vi sono storie tratte da situazioni e persone reali, che mi avevano colpito, perché alcune di quelle vicende contenute all’interno del libro parlano di malattie invisibili, alcune persone avevano una situazione complicata che le manteneva però lontane dal mondo, e secondo me era importante in quel momento far vedere le difficoltà di chi ti sta affianco. Un modo per empatizzare e porre l’attenzione all’altro.
-Pensi che la ricerca scientifica stia facendo dei passi avanti in questo momento? Soprattutto nell’ambito delle malattie rare?
Io penso che la ricerca scientifica sia molto ampia, una parte grandissima è dedicata alla genetica, ma non è solo quella, penso che la ricerca scientifica sia una ricerca qualitativa, e sia una ricerca dedicata ai bisogni delle persone e non solo a quelli clinici. La ricerca dedicata alle nuove tecnologie che ci permettono di arrivare prima a delle diagnosi stia facendo dei grossi passi avanti, come quella sui farmaci, ma anche quella sulle terapie geniche, perché si è parlato della diagnosi genetica, ma c’è anche un filone di ricerca che va ad operare il genome editing, cioè, va ad interagire sul gene per guarire quel gene. Penso che negli ultimi 20 anni il mondo delle malattie rare è cambiato, ma è cambiato più la velocità della ricerca che la velocità delle persone.
-Nella regione Lazio c’è supporto per le famiglie che vengono colpite dalle malattie rare?
Allora, sul supporto economico diciamo che è un problema che accomuna un po’ tutte le regioni, c’è molta differenza tra le varie Asl. Ci sono molte associazioni che hanno creato un gruppo di lavoro, un po’ come succede in Puglia, le realtà regionali sono molto forti. La fortuna della regione Lazio è che molte iniziative arrivano più facilmente alla politica centralizzata, anche se non è così semplice.
-Quali sono le emozioni che si provano, lavorando in questo settore, quando arrivano telefonate di casi delicati irreparabili?
Ti dirò la verità, mi è capitato spesso di piangere, ovviamente attaccando il telefono, facendo questo lavoro non puoi farti vedere mentre piangi. C’è spesso una situazione di impotenza, tante volte le persone mi ringraziano, però nel mentre da un lato ti senti bene perché ti stanno ringraziando, dall’altro pensi che tu effettivamente non puoi fare niente. Un lavoro abbastanza difficile, ti manda spesso in burnout, e ti assicuro che le situazioni che stiamo affrontando sono tra quelle più disparate, da quelle della guerra a quelle senza cura. È molto sottovalutato come lavoro perché magari un supporto emotivo lo dovremmo avere pure noi. Vai avanti solamente se ci credi.
La redazione di passaparola.net ringrazia vivamente Marta De Santis per aver rilasciato l’intervista ai nostri microfoni.
Giuseppe Massaro
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