ALTAMURA, LA COMICITA’ DELL’ANONIMA G.R.





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Continua la prima rassegna teatrale di prosa presso il rinato Teatro Mercadante di Altamura con il quarto appuntamento tenutosi Domenica scorsa. Stavolta i protagonisti sono stati gli attori della compagnia dell’Anonima G.R. con la commedia “La locandiera”, tratta da Carlo Goldoni e rielaborata in toni baresi da Dante Marmone e Tiziana Schiavarelli.

Facciamo un passo indietro: quando e come è nata la compagnia teatrale dell’Anonima G.R.?

Siamo nati svariati anni fa, a metà anni Settanta, quindi nel pieno del fermento del teatro di ricerca, di sperimentazione e del teatro popolare. Unendo tutte queste novità, abbiamo creato una forma di teatro molto particolare, che ha subito portato buoni risultati: siamo stati a Roma, dove abbiamo riscosso molto successo; in seguito, abbiamo girato tutta l’Italia, portando i nostri spettacoli ovunque. Abbiamo trovato, infatti, un adattamento tra forma popolare e ricerca teatrale, ossia una tipologia di teatro ammiccante e provocatorio.

La compagnia era inizialmente formata da Dante Marmone seguito da un gruppo di ragazzi, ai quali si sono sostituiti Tiziana Schiavarelli (che seguiva precedentemente la compagnia come ammiratrice), Mimmo Pesole e Antonella Di Noia (veterani ormai), Gianni Vezzoso (entrato una decina di anni fa) e Marcello Rubino (la new entry di quest’anno).

“La Locandiera” è ambientata nel 700 e ha costumi e usanze tipiche del tempo: che tipo di studio va fatto per riproporre una commedia di origine antica?

Abbiamo semplicemente spostato lo spettacolo dalla Firenze del 700, paese dell’originale commedia, alla più recente Bari vecchia, perché volevamo dare un’impronta popolare, inserendo la mediterraneità nei movimenti e nel linguaggio: quindi, abbiamo introdotto nel testo classico, di per sè già comico e popolare, la matrice culturale legata alla nostra appartenenza al Sud. I nostri personaggi sono più transigenti, perché noi siamo così, diversamente dal Nord dove le persone gesticolano poco e sono più composte e garbate. Anche il linguaggio è stato ammodernato: traendo spunti dal lavoro stupendo di Goldoni, fatto tre secoli fa, abbiamo riletto il testo in base a quella che è la nostra cultura di scrittura.

 

Se spostassimo la figura della locandiera nel 2015, quali caratteristiche riscontrereste?

È proprio quella che rappresentiamo noi, perchè ci sono adattamenti ai tempi odierni (come nel linguaggio  e nelle usanze), per cui non è molto diversa da un’ipotetica locandiera del 2015. Ovviamente la storia si rifà al passato, però l’energia, i caratteri e i ritmi sono quelli di oggi: vedrete certamente uno spettacolo in costume, ma comunque quello che trasmettiamo è inerente al presente. Ad esempio, la scelta di riportare parti di dialetto barese, provengono dal fatto che noi ci siamo sempre scostati dalla dizione poiché riteniamo che l’attore perfetto sia artefatto, costretto a certi atteggiamenti, mentre noi ci sentiamo più liberi usando il linguaggio colloquiale colorato da battute dialettali, lo slang pugliese insomma: questo ovviamente quando siamo a Bari; invece, quando ci spostiamo al Nord, utilizziamo un linguaggio totalmente italiano con accenti baresi.

La vostra tournèe è giunta quasi al termine: di tutte le città visitate, c’è una  che vi ha colpito particolarmente?

Rispondiamo Altamura, non perché siamo qui ora, ma perché questa città merita una lode. Vorremmo parlare proprio del Teatro Mercadante, che dopo il restauro, è diventato una reggia in cui gli attori si sentono a proprio agio: a parte l’alta ospitalità, la struttura in sé dona serenità e permette di sentirsi ‘a casa’. In realtà, più di vent’anni fa, quando il teatro era ancora aperto, ci siamo esibiti in uno spettacolo con il grande Nanni Loy (il maestro del neorealismo cinematografico italiano), che ci vide e volle fortemente dirigerci in regia; per cui avevamo già calcato il palco del Mercadante. Oggi, per fortuna, siamo tornati e vediamo un pubblico rinnovato e la loro risposta è sempre piacevole. Altamura è una città svezzata, non è più un paesino, per cui la gente vuole essere spronata e noi lo facciamo provocandoli sulla scena: la loro risposta positiva ci fa capire che ‘siamo sulla stessa lunghezza d’onda’.

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