MARCIA CONTRO LA CRIMINALITA’. Vademecum su come trasformare un movimento nobile in uno show hollywoodiano “de noi altri”.





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<<Criminalità>>. La sola emissione sonora di questo termine, in sé, è capace di incutere un senso di disagio, contornato da paura, rifiuto, istinto di difesa, instillando l’idea che, forse, se ci fosse una possente, inespugnabile antitesi, la cui inopinabile traduzione trova approdo nel termine <<legalità>>, sicuramente potrebbe divenire l’ombra di un tiepido ricordo, di qualcosa che ha intinto di rosso porpora la storia, ma che l’evoluzione dei tempi, la coesione, la giustizia, l’onestà hanno soffocato inibendone il minimo alito di vita verbale. Così non è. Da qui l’idea di dar vita ad un progetto di sensibilizzazione su una tematica difficile e anche drammaticamente radicata su tutto il territorio: una marcia che urli prepotentemente “STOP ALLA CRIMINALITA”. Scenario principe di questo “pellegrinaggio alla ricerca della verità” la (ir)ridente città di Trani. Tutto bello, entusiasmante, condivisibile. Ora, fermiamoci un attimo con un però. Quale era l’obiettivo primario di questa cavalcata delle valchirie ideologica? Sensibilizzare? Divulgare conoscenza? Informare? Istruire? Onestamente … non ho capito. E non l’ho capito dal preciso istante in cui in questo movimento nobilissimo che ha visto, lentamente e sorprendentemente, incrementare i flussi sanguigni della propria anatomia, abbia permesso l’ingresso trionfante delle istituzioni politiche. Ma a chi era rivolto il fantomatico messaggio: “ NO ALLA CRIMINALITA’!” e “IO NON HO PAURA!”? Le mie domande sono poste al contrario. Chi sono gli organi preposti alla tutela dei diritti? Dov’è la sicurezza? Chi dovrebbe salvaguardare l’ambiente e chi sta consentendo l’abominio di un percolato che silentemente e lascivamente distrugge l’habitat nel quale tutti, o quasi tutti, alberghiamo indisturbati? Quale lo scopo di poltrone imbottite che facciano accomodare deretani  <<in alto>> per rappresentare e condurre la servitù della gleba, anzi no, quello che è stato definito, ipse dixit, il <<basso>> (con tanto di posizionamento in prima linea sul podio cattedratico)? Chi può spiegare il rischio idrogeologico in cui riversano molte scuole? Chi può chiarire come sia stato possibile dare voce alla lucida follia di chi ha determinato la calamità sociale di un ritorno di malattie estinte da tempi inenarrabili? Chi? Cosa? Dove? Perché? Già. La violenza non si esprime solo con odore di polvere da sparo o con l’affilamento di una lama pronta a inferire colpi letali. Potrei proseguire senza sosta, ma qualunque quesito, ad oggi, sembra scontrarsi con un muro grondante di ottusità, assuefazione, ignoranza e piena fierezza nell’essere i beneficiari privilegiati di un nulla che pare non avere alcuna velleità in divenire. Certo, le parole sono sempre state l’arma più potente per chi non ha alcun contenuto pratico. L’esaltazione invereconda, tuttavia, che deriva da una manifestazione, partita con sani e giusti propositi e biecamente tramutatasi in un “Benny Hill Show”, che sentiva citare principi di legalità, onestà, morale, forza d’animo proprio da chi giace inerme lasciandoli “pay off” pubblicitari da supermercato … consentitemi, lascia un po’ perplessi. Non so quanti abbiano realmente riflettuto sulla performance teatrale di fronte alla quale gli stanti sono parsi muti e, forse, ignari e disarmati spettatori. Ma, d’altronde, si sa; in un territorio che non offre niente e che attende la felicità a domicilio differenziato nei bar, quello che ha avuto luogo sabato 4 marzo 2017, sullo sfondo di un mare contaminato e vilipeso, una cattedrale profanata da mercificazione di dubbia moralità e sprofondata nella perdita d’identità con l’effusione di aromi al sapor di urina, l’apparente unione d’intenti è un antidoto per godere di un momento di felicità. Sempre che si sia consapevoli di giacere sul terreno del dolore. “ La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore, con intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e gioia.” – cita A. Schopenhauer. Interessante e profonda l’osservazione di Antonella Pagone, delegata di “Città dell’Infanzia” nel coordinamento di quello che avrebbe dovuto essere il grido alla salvaguardia del diritto alla sicurezza: “Genitori parlate e spiegate ai vostri figli chi sono gli agenti delle scorte, i giudici antimafia, i procuratori, i poliziotti, i carabinieri, i consulenti esterni. Gente che impegna la sua vita, la sacrifica, la rischia ogni giorno e lascia a casa moglie, figli, fratelli, sorelle, mamma, papà solo per il bene comune.” Di show è pieno il mondo. Quelli più suggestivi sono in ambito hollywoodiano. Qui, siamo ancora in attesa di risposte. L’istituzione scolastica non prevede più la fondamentale materia “educazione civica”, ma la compagine scolastica ha marciato contro la criminalità nello show dell’ipocrisia. Quella stessa istituzione scolastica che chiude le porte alla salute e alla gratuità progettuale per lo sviluppo sano e consapevole degli uomini del futuro.

Ci siamo persi qualche passaggio?

Bella, fantastica marcia.

@ Serena Gisotti

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