Sei un professionista e non lavori “gratis”? Ahia…mi sa che non sei “buono”





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Nel corso degli anni abbiamo assistito ad una mutazione, continua e costante, non solo degli strumenti che ci permettono di compiere il nostro lavoro quotidiano, semplificandolo ed ottimizzandolo apprezzabilmente, ma anche delle figure preposte al loro utilizzo professionale. Se da un lato l’avvento di internet ha favorito lo sviluppo di nuovissime competenze che hanno visto, altresì, nascere una nuova offerta formativa e di sviluppo delle stesse, dall’altro abbiamo inesorabilmente assistito all’inizio di quello che io stessa ho definito “la morte del professionista”. Mi spiego meglio. Nel passato, quello che si soleva definire “professionista”, in campo medico, legale, fiscale, scolastico, ingegneristico, giornalistico … aveva un “ruolo” ben definito. Non era un numero di militi vasto, bensì una nicchia, che aveva investito molti anni per giungere al traguardo che consentisse di “esercitare”. Chi si rivolgeva al professionista, sapeva di poter ottenere da lui i benefici di quella conoscenza che l’avrebbe guidato nella propria richiesta di consulenza. Bene, oggi non è più così. Chi decide, attualmente, di svolgere la <<professione>> sa che, nella maggior parte dei casi, dovrà abbandonare ogni velleità di rispetto.

Sei un commercialista e chiedi € 50, per alcuni adempimenti importanti? La risposta più probabile sarà: “Cooosa? Non me lo sarei mai aspettato! Lascia stare, c’ho un amico che lo fa” oppure “tu sei il mio commercialista, dovresti capire …”. Senza contare l’eventuale status di “insoddisfazione” per il servizio prestato di fronte alla richiesta legittima di retribuzione dopo mesi di mancata corresponsione. Nel caso dei professionisti web la categoria da “amico” diventa di natura parentale, tramutandosi in “c’ho un cugino che lo fa” (nel settore tradotto in #chouncuGGinochelofa). Mi spiegheranno, poi, tutti questi amici e/o cugini su quali rendite fisse contino per pagare le bollette di fine mese, ma questa è un’altra storia. Chi riesce ancora a far sopravvivere un minimo di ossequio per la propria prestazione è il medico. Con la salute non si scherza e lì siamo disposti a investire e onorare, e se non siamo contenti, anche pronti a girare il mondo pur di ascoltare la verità più affine alle nostre aspettative. Molto popolari anche le branche “paramediche” che possono rivoltarti come un calzino e farti perdere chili superflui o attenuare i solchi del tempo in un battibaleno. Gli altri, che Dio li aiuti (già all’istante della dichiarazione inizio attività con partita iva) e se, minimamente, maturassero la pallida idea di avvalersi di qualche collaboratore e fossero costretti a provvedere al sostentamento di una famiglia, avrebbero una lapide in marmo già ben scolpita con tanto di data.

Con tutti gli amici e i cuggini in circolazione, sarebbe opportuno proporre alle università di abolire definitivamente determinati percorsi. Cosa serve studiare se poi il tuo investimento di anni, energie, denaro e sogni si estingue di fronte allo sguardo truce di chi non vuole retribuirti facendoti sentire il clown di una gag circense? Per non parlare dei docenti di scuola … ormai bersaglio di grandi erudizioni che sono quotidianamente vomitate, senza filtro alcuno, imponendo un modus operandi  DI UNICA ED ESCLUSIVA CONOSCENZA del genitore o genitrice. Grazie ad internet tutti ci sentiamo “guru” capaci di dispensare consigli, approfondimenti culturali, saggezza, competenza …

Cosa accade? Come spettatori di una catastrofe naturale, assistiamo all’umanità che va a rotoli. Eppure, suppongo, larvatamente,  che l’intento dell’australopiteco Lucy non fosse quello. D’altronde il problema vero è a monte. Se già durante eventi  importanti ci si avvale di “moderatori” senza un filo di titolo di studio, con emissione inedita di congiuntivi e condizionali, ma “benefattori di voti” per la classe politica, invece di ricorrere a giornalisti seri, è chiaro che il treno ha completamente deragliato verso mete dal vago eco di città evacuate dopo Chernobyl come Pripyat. Oggi quella del professionista è una vera lotta per la sopravvivenza. Non è solo complesso e impegnativo il proprio lavoro, ma si contorna di istigazioni emotive, appelli alla necessità di non vedere la propria dignità calpestata, l’esigenza di portare il pane a casa, spesso  premendo  con forza il pedale dei freni inibitori, e la speranza di non vedere un sogno che ha accompagnato i tuoi passi, per anni e anni, divenire rassegnazione o tormento come in un autentico girone dantesco. C’è chi, con fiducia, non si dà per vinto e prosegue, tenacemente, credendo nel cambiamento, chi decide di riversare quella competenza-oro acquisita in straordinari nuovi obiettivi volgendo lo sguardo verso la visione laterale delle cose, chi sale su un aereo senza biglietto di ritorno alla ricerca di nuova luce, ma c’è anche chi viene completamente soverchiato da questo web-mondo che non stima, non ama, non crede più, e si lascia cadere.

Ci auguriamo che tutti i sogni non restino mai muffa stantia in un cassetto. Invertiamo per un momento le lancette dell’orologio, torniamo alla comprensione e al rispetto reciproco. Affidiamoci. Dietro sacrifici e studio può risiedere il cambiamento, e se noi saremo pronti ad assecondarlo, potremo divenire protagonisti di una vittoria di massa annunciata. Il destino e la rivoluzione culturale, sappiatelo, sono nelle nostre mani.

 

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