UNO SGUARDO LENTO VERSO L’AFRICA





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Amir e i suoi amici mi aspettavano all’aeroporto con gli occhi curiosi quanto i miei.
Il viaggio lungo per giungere su quel pezzo del nostro pianeta, l’Africa, era stato già entusiasmante, ma il meglio ancora doveva mostrarsi.
Abdjan subito iniziava a cedere i suoi colori, la sua aria e la sua sofferenza, senza remore, senza filtri.
Si avverte immediatamente quella forza, intensa e prorompente che la terra e la gente possiede quasi inconsciamente e che trascina.

Un viaggio nella quotidianità, in fabbrica insieme, lavorando fianco a fianco. E’ stata questa la differenza probabilmente a lasciarmi quell’impronta che si porta insieme al ritorno e non nel bagaglio a mano.

Allontanandosi dal centro città, metro dopo metro cresce la povertà e la disperazione, palesando velocemente quel volto vero, di storie poco raccontate e poco ascoltate.

Spero nella bassa velocità dell’auto per poter avere uno sguardo lento che già si chiede tanti perché.

Le donne in strada con i cesti pieni di frutta sulla testa, in perfetto equilibrio, si mischiano ai tramonti che scivolano sui corpi stanchi. Quei cesti che pesano sui loro sogni soffocati.
Al turista senza scrupoli è facile avvicinare la ragazza per ottenere quella carezza serale in cambio di pochi denari che copriranno un po’ la fame. Compra quella carezza e il proprio fascino illusorio. E’ un altro modo per soffocare i sogni e pesa di più di quei cesti pesanti.

Baracche come dimore e bambini strappati alla loro infanzia che non torna e che li segna, scolpisce l’anima in costruzione.
Mi fermo, sono tanti; si avvicinano con sorriso, con la loro complicata semplicità. Non ho risposte, non ho nulla. Proviamo a colorare su fogli di carta bianchi come i loro pensieri. La loro gioia è immensa, riesce a toccare velocemente la mia seconda pelle, che non dimentica.
Quando pensiamo di aver visto tutti i colori, uno nuovo ci sorprenderà con le sue sfumature; oltre ogni lingua e ogni accento, ad allontanare confini, a disegnare orizzonti nuovi.

Chissà se i nostri occhi superiori con alterigia preconfezionata resisterebbero a incontrare occhi nuovi, fissarli e leggere qualche risposta non scritta.

Ci sono guerre che non hanno bisogno di armi. L’uomo è capace di distruggere tutto, tranne la povertà.

Amir mi riaccompagna in aeroporto. Lo saluto, ancora con sguardo lento. Sorride perché ha compreso. Torno con il cuore ricco.

 

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