ALTAMURA, LA MAGIA DI FOREST





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Ospite d’onore del sesto appuntamento della stagione teatrale di prosa presso il Teatro Mercadante di Altamura è stato il celebre comico, showman e conduttore televisivo Michele Foresta, alias Mr Forest. Il 16 Gennaio 2016, l’artista si è esibito nello spettacolo comico dal titolo “Motel Forest”.

Mago Forest o Mister Forest, un titolo creato per sé negli anni vissuti tra Londra e Parigi: perché questa scelta?

Il mio vero nome è Michele Foresta, però durante gli anni 80, quando ho cominciato a fare questo lavoro, era scoppiato l’interesse per la magia: io stesso ne ero appassionato. Quasi tutti, chissà per quale motivo, per crearsi un nome, toglievano l’ultima lettera al proprio cognome: ad esempio, “Mister Esposit” che stava per “Mister Esposito” (etc), per cui al mio cognome ho tolto la “a” ed eccomi con “Mr Forest”.

Diventare maghi nell’immaginario comune non è facile. Lei, però, in uno suo scritto ha detto che bastano 15 minuti, è vero?

Anche questo è uno scherzo. Con Nino Frassica, avevamo scritto il libro “Diventare maghi in 15 minuti”: era una presa in giro di tutti quei manuali che ti insegnano a fare delle cose nel più breve tempo possibile. Allora, abbiamo scritto un volume al cui interno vi erano dei trucchi, poco seri, per attribuirsi dei poteri soprannaturali. In realtà, poi, il nostro mestiere è quello di dare un senso arcano alle banalità di tutti i giorni. Ritengo che il mio lavoro sia quello di fingere di essere mago, approfittando di ciò che già esiste.

Ci sono trucchi che non le riescono?

Nel mio caso, se riuscissero sarebbe un guaio. Io faccio la parodia del prestigiatore e per farlo bisogna conoscere bene quello che vai a parodiare. Ad esempio, i componenti del gruppo musicale “Elvio e le storie tese” giocano a fare i giullari, ma in realtà sono dei musicisti impeccabili. Ancora, ricordo che, quando andavo al circo, c’era il clown che non riusciva a fare la capriola e soltanto quando il direttore gli dava una sberla, faceva un triplo salto mortale. La comicità è questo: far riuscire le cose con i tempi sbagliati, nascondendo l’intenzione di far ridere.

 

Nello spettacolo di questa sera, intitolato “Motel Forest”, sarà presentato un Motel del tutto insolito: ce ne parli.

Questo spettacolo nasce da un’idea che mi è sorta qualche anno fa, durante il mio viaggio di nozze: insomma, non tutti i mali vengono per nuocere (dice ironicamente). Il viaggio è consistito in un ‘coast to coast’ in America, dove, attraversando una storica strada chiamata “Route sixty six”, ci si imbatte in molti motel: non quelli a luci rosse tipicamente italiani, ma quelli utilizzati da chi viaggia spesso e si sofferma soltanto una notte. Ne ho girati circa trenta e ogni stanza mi ispirava emozioni diverse: erano abbastanza basiche, ma ogni singolo oggetto mi suggeriva qualcosa. Per cui, lo spettacolo sarà un viaggio in queste stanze del Motel, in ognuna delle quali ci sarà un tema e ognuno rappresenterà un sentimento. Capisco che, detto così, sembra una cosa seria, invece no: è molto ironico.

La sua comicità è stata portata sia a teatro, sia al cinema che in televisione: dove è stato più facile trasmetterla?

Al cinema ho fatto poco: nel film di Brizzi, intitolato “Com’è bello far l’amore”, ho fatto una parte, ma giusto qualcosina perché ritengo che fare cinema e fare cabaret siano due mestieri completamente diversi. In realtà, quando lavoro a teatro dico che mi trovo bene lì, quando lavoro in televisione dico lo stesso. Riguardo il teatro, mi piacciono i posti che mi somigliano: ad esempio, il teatro di Altamura è molto bello, piccolino e raccolto, sembra di stare in un posto dove c’è un pubblico da cabaret. Lo stesso vale per la televisione, sono stato molto fortunato: ho lavorato con la Gialappa’s band, che altro non è altro se non la voce del pubblico dal vivo che risponde e ti stimola continuamente.

Spostandosi spesso, ha notato differenza dal Nord al Sud?

Io sono originario di un paesino in provincia di Enna, in Sicilia, quindi fin da giovane mi sono spostato per fare questo lavoro: per cui, non trovo differenza, mi sono abituato a lavorare a Trieste come a Palermo o ad Ancona. A me piace adeguarmi al pubblico che ho davanti: capisco quando un pubblico ama una comicità lenta (di solito nei posti piccoli) o più movimentata (nei posti più grandi). Mi piace farmi trasportare dal gruppo, coinvolgere il pubblico nel mio spettacolo, ovviamente senza creare imbarazzo.

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