BARI,CAPATOSTA E L’ILVA IL LAVORO RENDE OCCUPATI





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A Teatro Kismet di Bari, si è tenuta la rappresentazione di Capatosta, opera realistica sul tema dell’Ilva.

Due bravissimi attori, con una tragica fisicità, in una scena scarna, raccontano una storia multistrato.

Domina, non vista, la dittatura dell’Ilva di Taranto, grande polipo invasivo delle vite e della città.

Nel corso della rappresentazione si snodano i temi noti delle morti sul lavoro e delle morti indotte dall’inquinamento, anche di chi, all’Ilva, non ha lavorato mai. Madre/matrigna dei tarantini, li nutre e li uccide.

Le vite dei due protagonisti scorrono, sotto gli occhi del pubblico, oppresse dal vincolo inscindibile che li lega all’azienda: l’operaio più anziano sogna il momento del distacco e della fuga, quello più giovane, appena arrivato, sogna di distruggerla e di vendicare la morte del padre. L’esistenza di entrambi è stata irreversibilmente segnata dall’acciaieria.

Nel discutere, litigare e conoscersi i due protagonisti ci raccontano dell’inesistenza della lotta di classe, delle differenze generazionali, del mutare dei desideri, della vita che ci cambia e ci addomestica, distruggendo sogni e speranze.

Entrambi, infatti, falliscono: il più anziano resta legato alla sua poltrona ed il più giovane non riesce nel suo piano di distruzione.

Esatto il tempo ed il ritmo narrativo, Capatosta si lascia guardare con concentrazione ed attenzione, lasciandoci pieni di interrogativi e di dubbi.

Rossana Rignani

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